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Storia degli ordinamenti



Le carte dei diversi fondi che costituiscono l’archivio sono state soggette a diversi ordinamenti, avvenuti intorno alla metà del XVIII secolo in maniera abbastanza omogenea ed effettuati secondo i criteri archivistici dell’epoca mirati al riordinamento delle carte patrimoniali e contabili al fine di un loro facile reperimento anche in caso di controversia giudiziarie o di esibizione nel corso dei controlli e delle visite apostoliche che si succedevano periodicamente. Di essi si darà conto nelle specifiche introduzioni archivistiche.
Per quello che riguarda gli interventi novecenteschi, si deve ricordare che una notevole pattuglia di archivisti ha messo mano al riordinamento dell’archivio, in grande prevalenza dedicandosi alle carte della Pia casa, ma ciascuno lasciando un contributo consistente.
Per quello che riguarda il complesso dei fondi[1], il primo lavoro sistematico venne intrapreso da due borsisti, Pietro Golisano e Vincenzo Romani, che dal 1874 al 1977 hanno proceduto ad una prima sistemazione del materiale e soprattutto al recupero ed al ripristino dell’ordinamento originale di circa 500 tomi dato loro alla metà del Settecento da Francesco Maria Magni, figura d alto prestigio e che aveva riordinato anche l’archivio capitolino.
Successivamente il lavoro è stato affidato ad altri archivisti, Fiorenza Gemini e Giancarlo Ceccacci a partire dal novembre 1978. I due archivisti effettuarono uno spoglio della massa documentaria pervenuta: essa si presentava con un solo fondo parzialmente ordinato – la serie dei Tomi della Pia casa degli orfani, mentre la restante documentazione era depositata alla rinfusa nei quattro locali sopra descritti. La documentazione, ad eccezione della documentazione post 1872 degli Ospizi di Santa Maria in Aquiro e delle carte dei conservatori Pio e delle Pericolanti, venne schedata accuratamente, ma non fu possibile alla fine di questo grande lavoro giungere alla redazione dei rispettivi inventari ed al riordinamento fisico delle carte in quanto il lavoro si interruppe nell’ottobre 1980. A loro si deve l’allineamento tra i documenti presenti nei tomi e loro descrizione nei rubricelloni del Magni.
Nell’ottobre 1991 il lavoro è stato ripreso da due funzionarie della Soprintendenza Archivistica per il Lazio, Annalia Bonella e Alexandra Kolega, e dal 1993 dalla sola Kolega: questo lavoro necessariamente dovette ricominciare, dopo tanti anni, con il controllo e la revisione delle schede fatte dai precedenti archivisti, l’integrazione dei dati mancanti e la schedatura analitica di alcune unità complesse e della carte sciolte; il lavoro riguardò l’Orfanotrofio, il conservatorio della Divina Provvidenza e quello di San Pasquale Baylon; di essi furono redatti gli inventari provvisori che comunque hanno consentito fino ad oggi la consultabilità dei fondi da parte degli studiosi. Anche in questo caso, il trasferimento ad altri incarichi delle archiviste interruppe la definitiva sistemazione dei fondi di modo che successivi spostamenti delle carte in nuovi depositi hanno compromesso il lavoro già effettuato provocando il rimescolamento delle carte.
Nel 2012 infine è stato avviato dalla Regione Lazio, assessorato alla cultura ed alle politiche giovanili, in collaborazione con gli Istituti di S. Maria in Aquiro e la Soprintendenza archivistica per il Lazio il progetto finanziato con fondi europei “Assistenza e beneficenza nel Lazio. Dall’Archivio dell’IPAB di Santa Maria in Aquiro alle Opere Pie del territorio regionale” che prevedeva come elemento qualificante la definitiva sistemazione e valorizzazione degli archivi degli Istituti di Santa Maria in Aquiro con inventari e altri strumenti di ricerca consultabili sul web in open data[2].
Il progetto prevedeva il riordinamento ed inventariazione di tutti i fondi, a cominciare dalla schedatura ex novo di quelli mai esaminati, L’ampliamento e approfondimento della descrizione delle carte, la redazione studi storici e archivistici, la formazione di strumenti di ricerca e di supporti allo studio, digitalizzazione della documentazione più rilevante e messa a disposizione dei dati in un sistema informativo.
Il lavoro, iniziato nell’ottobre 2013, è stato concluso nel dicembre 2015.

[1] Nel 1922 un archivista dell’Archivio di Stato di Roma era intervenuto per riordinare le carte dell’archivio della Pia casa secondo criteri seriali che non tenevano conto dell’ordinamento originario. Non risulta, essendo irrintracciabile il mezzo di corredo compilato, che l’archivista sia intervenuto anche sulle carte delle altre opere pie.

[2] Open per poter usufruire di finanziamenti europei nel rispetto della Legge Regionale N° 7 del 18/06/2012 sull’Open Data mirata a “sviluppare, sulla base dei dati in possesso delle amministrazioni pubbliche (patrimonio informativo pubblico), software e servizi capaci di valorizzare l’open data, o a produrre dataset di open data significativi”.